Manuali
IL PRESUPPOSTO SOGGETTIVO PER LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO
2.5. Se la liceità sia requisito essenziale perché ad un’attività sia riconosciuta natura d’impresa
Si pone la questione se la liceità sia un requisito necessario a classificare un’attività come attività d’impresa.
La prima distinzione che è necessario operare è tra attività con fine illecito e attività svolte irregolarmente.
Nel primo caso si tratta di attività svolte con fini contrari a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume; nel secondo caso si tratta di attività cosiddette “abusive” ovvero svolte senza le prescritte autorizzazioni. Queste ultime sono senz’altro attività di impresa.
Altro caso ancora è quello di un professionista iscritto ad un Albo professionale e che nel contempo svolge attività d’impresa. Senz’altro potrà fallire e sarà sottoposto alle sanzioni previste dall’Ordine professionale di appartenenza per averne violato le disposizioni.
Diversa l’ipotesi di un’attività lecita per lo svolgimento della quale vengono posti in essere singoli atti illeciti: anche qui ci troviamo di fronte ad attività d’impresa e per i singoli atti illeciti sarà chiamato a risponderne l’imprenditore.
Il caso che si richiama è, invece, quello di un soggetto che svolge un’attività vietata dall’ordinamento, ad esempio la coltivazione di papaveri per estrarre l’oppio. In casi come questo si devono contemperare le esigenze di tutela di eventuali creditori con l’esigenza sanzionatoria del soggetto che, se qualificato come imprenditore, beneficerebbe di tutte le agevolazioni previste dal cosiddetto “statuto dell’imprenditore commerciale”.
La giurisprudenza si è mossa nel senso di riconoscere la natura di impresa all’attività illecita al fine di assoggettare al fallimento colui che la esercita, ma negandogli la possibilità di usufruire delle altre norme del “statuto dell’imprenditore commerciale”.
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